LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

La valutazione del rischio cardiometabolico è possibile grazie ai numerosi studi epidemiologici che hanno reso possibile l'individuazione dei fattori di rischio associati alla malattia cardiovascolare, hanno dimostrato la reversibilità di questo rischio e realizzato strumenti per la prevenzione. 

Il rischio cardiovascolare è continuo e tende ad aumentare con l’età, è però possibile mantenere un livello favorevole attraverso un adeguato stile di vita che consenta il controllo di alcuni fattori di rischio.

E' proprio grazie a questi fattori di rischio che è possibile stimare il rischio cardiovascolare, cioè la probabilità di un evento cardiovascolare nei successivi 10 anni. 

Di questi fattori, alcuni non sono modificabili, come eta' e genere, ma altri sono controllabili, come la pressione arteriosa, la colesterolemia totale e HDL, il diabete e l'abitudine al fumo di sigaretta. 

Per   ridurre  il  proprio  rischio  è   quindi  importante   adottare   uno   stile  di   vita sano, con una alimentazione bilanciata, una regolare attività fisica e abolendo l’abitudine al fumo. 

Ma adottare uno stile di vita corretto non è sufficiente, perché bisogna mantenerlo nel tempo. 

Di fondamentale importanza è il controllo del peso corporeo, infatti solo agendo precocemente è possibile ridurre il pericolo di incorrere nell'obesità, una condizione che spesso precede e si associa ad altri fattori di rischio cardiometabolici. E' ormai chiaro da tempo come il tessuto adiposo a livello intraddominale sia strettamente correlato ad un aumento del rischio di diabete e dislipidemia, esso, infatti, produce una serie di sostanze che possono causare uno squilibrio nel metabolismo lipidico e glucidico. 

Attualmente si pensa che questo squilibrio aumenti il rischio di alterazioni quali la resistenza all’insulina, l’ipertensione arteriosa, l’iperglicemia, alterazioni dei livelli di colesterolo e trigliceridi, i cosiddetti “fattori di rischio cardiometabolico” (Cardiometabolic Risk o CMR). 

L’eccesso di grasso viscerale,  in diretto rapporto con la circonferenza addominale, può essere considerato un predittore indipendente di rischio cardiovascolare e quindi di lesioni come l’infarto miocardico. 

La presenza di grasso viscerale favorisce infatti diversi elementi che aumentano il rischio cardiovascolare, come il mantenimento dell’infiammazione, l’insulino-resistenza, l’iperglicemia, la dislipidemia, l’ipertensione arteriosa e la disfunzione endoteliale. 

Le sostanze prodotte dall’eccesso di grasso viscerale possono influire a loro volta sul metabolismo dell’intero organismo con meccanismi diversi. 

Il grasso viscerale gioca un ruolo in numerosi fenomeni patogenetici, per esempio le cellule adipose in eccesso nell’addome liberano acidi grassi liberi, la cui presenza nel sangue dipende direttamente dalla quantità del grasso addominale, più questa sale, tanto maggiore è la liberazione di acidi grassi liberi. Successivamente gli acidi grassi liberi in eccesso si “mettono in concorrenza” con il glucosio e vengono usati al suo posto dai muscoli, per cui si verifica un aumento della glicemia. L’aumento della concentrazione plasmatica di glucosio porta alla secrezione di insulina, con un aumento dell’insulinemia in presenza di iperglicemia e l'instaurarsi di insulino-resistenza. In pratica, il corpo diventa meno sensibile all’azione dell’insulina e quindi, anche in presenza di un’insulinemia elevata, si può sviluppare diabete di tipo 2. 

Inoltre, gli  acidi  grassi  liberati,  attraverso  la circolazione portale, raggiungono il fegato, dove stimolano la sintesi di trigliceridi e di LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”, che tende ad accumularsi nella parete dei vasi, favorendo l’insorgenza dell’aterosclerosi.

Allo stesso tempo cala il “colesterolo buono” legato alle lipoproteine HDL, che invece trasportano il colesterolo dai tessuti periferici al fegato, che a sua volta lo smaltisce per via biliare. 

L’eccesso di grasso viscerale può inoltre influenzare anche la pressione arteriosa. 

In pratica, queste condizioni fanno aumentare l’effetto dell’adrenalina sui vasi più piccoli, che vanno incontro al fenomeno della vasocostrizione e diminuiscono l’eliminazione renale del sodio, che rimanendo nel sangue, tende a trattenere all’interno dei vasi anche l’acqua. Associando la vasocostrizione e la ritenzione idrica (con il conseguente aumento del volume circolante), la pressione arteriosa sale.

I dati epidemiologici dicono che la circonferenza addominale è cresciuta in tutto il mondo, specialmente in Europa, dove si è constatato un incremento del 26% in Francia, del 35% in Spagna, del 20% in Germania, del 28% nel Regno Unito e del 32% in Italia

Tra le persone sovrappeso od obese, quelle con grasso intra-addominale in eccesso corrono il rischio maggiore di sviluppare dislipidemia, diabete di tipo 2 e cardiopatie, per questo occorre considerare i vari fattori di rischio e cercare di intervenire su quelli modificabili al fine di ridurre il rischio cardiometabolico.

Valutazione del rapporto vita-fianchi

L'Obesità addominale (di tipo androide) è quindi un problema di grossa rilevanza, considerando le implicazioni legate all'eccesso di grasso viscerale.

Attualmente non c'è una visione univoca su quale sia il parametro ottimale per la valutazione dell’obesità, infatti per alcuni basta la valutazione dell'Indice di massa corporea, per altri basta la valutazione della circonferenza della vita; ma accanto a questi due parametri ce n'è un terzo che sta acquistando importanza, il rapporto vita-fianchi. 

In particolare lo studio PREVEND (Prevention of Renal and Vascular End stage Disease), uno studio prospettico, ha permesso di mettere a confronto il valore prognostico di questi tre indici in termini di prognosi cardiovascolare.

E' emerso che il rapporto vita-fianchi, la circonferenza vita e l'Indice di massa corporea sono fattori predittivi indipendenti di rischio cardiovascolare, e tra questi, il rapporto vita-fianchi è il miglior predittore di futuri eventi cardiovascolari.  

Il rapporto vita-fianchi si valuta stando in piedi ed in posizione rilassata, misurando il girovita nel punto più stretto del bacino, e la larghezza dei fianchi nel punto più largo all'altezza delle natiche.

Con le misure ottenute è possibile ottenere il rapporto vita-fianchi, il cui valore, come si può notare dalla tabella, è correlato al rischio di patologia.